Napolitano dà l’incarico ad Enrico Letta. Il Pd ci mette la faccia e sfida gli anti-inciucio. Napolitano lo ha convocato al Colle dove Enrico Letta riceverà l’incarico di formare un nuovo governo. Enrico Letta era il vice di Bersani, gli è stato accanto nella sua disastrosa corsa a Palazzo Chigi: dopo che il “governo del cambiamento” con Grillo si è rivelato una chimera, Napolitano ha scelto proprio lui per guidare un esecutivo verso quelle larghe intese che il Partito Democratico teme più delle sabbie mobili. Letta può mettere tutti d’accordo, in effetti. Il Pd non può non votarlo, anche se i malumori per un governissimo da giorni escluso e ora invece accettato sono evidenti; il Pdl è soddisfatto dello spessore politico di un esecutivo che non poteva essere tecnico ma il partito berlusconiano non mette troppo la faccia (Letta è pur sempre vicesegretario del Pd…); Scelta Civica apprezza il profilo moderato e riformatore di Letta; e pure la Lega potrebbe convergere visto che il Carroccio aveva escluso di sostenere un governo Amato. Per giovedì 25 aprile sono previste tutte le consultazioni con le parti politiche. “A seconda dell’esito delle consultazioni di domani si capirà venerdì e sabato come saranno, dipenderà dai messaggi che arriveranno dai gruppi”, ha detto il neo-premier incaricato che dichiara: “Sarà un governo di servizio al Paese” e ”non nascerà a tutti i costi, ma solo se ce ne saranno le condizioni”: ”la prospettiva di un governo condiviso è l’unica alternativa possibile. Siamo in terra incognita, passo passo si capiscono modalità e obiettivi. Il primo pomeriggio di lavoro mi conferma tutta la grande difficoltà, ma sono talmente tanti i messaggi e le spinte di incoraggiamento ricevute che ne traggo uno spirito molto rinfrancato”. Il PD lo segue, sembra, con determinazione. Lo annunciano Anna Finocchiaro ed i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda che garantiscono pieno sostegno. Anche Fassina, sinistra Pd, non trova ostacoli: “Noi avevamo nomi, soluzioni interne di grande qualità ma abbiamo preferito evitare di costituire intralci rispetto a un lavoro delicato. Comunque l’ipotesi Letta è forte, potrebbe essere una soluzione di equilibrio”. Ma non mancano i malumori. Sicuramente Pippo Civati: da pontiere del dialogo con i Cinque Stelle si sta ritrovando sempre più solo nel partito, portabandiera della fronda interna contraria al governissimo con il Pdl: “Mi dispiace, ma continuo a non essere d’accordo”, ha scritto sul suo blog. “Soprattutto perchè il governo, di ora in ora, si irrobustisce, e il governo di scopo sta diventando un governo di scopone (scientifico)”. Per Civati si tratta di “un governo politicissimo, basato sulla collaborazione Pd-Pdl, senza scadenza, non a caso presieduto dall’ultimo dirigente del Pd che non si è dimesso (perchè eletto dall’assemblea, ma non solo). Le cose, dal mio punto di vista, stanno peggiorando”. Interviene sugli ultimi sviluppi anche il deputato prodiano Sandro Gozi che a Un giorno da pecora si augura che il nuovo governo duri poco. “Al massimo sei mesi. Così si può andare al voto tra sette mesi e mezzo”, spiega. Il deputato prodiano ha inoltre precisato che martedì alla direzione Pd si è astenuto perché il documento approvato “diceva troppo e troppo poco. Per esempio – esemplifica – potrebbe consentire un governissimo iperpolitico con dentro, magari, la Gelmini e Quagliariello, che per me sarebbe un colpo mortale”. Di più, “mi farebbe molto schifo”. E allora, voterebbe un governo Letta che comprendesse nella sua compagine Renato Schifani? “No, non lo voterei”, taglia corto. E’ chiaro che un eventuale governo di larghe intese rischia di dividere ulteriormente un partito allo sbando”. Durissimo anche il sindaco di Bari Michele Emiliano: “Se c’è un’alleanza politica Pd-Pdl non potrò restare”. E anche il candidato sindaco di Roma, Ignazio Marino, è critico sul nuovo governo ma soprattutto con la gestione di questa fase da parte della dirigenza del partito: “Siamo di fronte a politici di professione che analizzano la società con lenti del ’900 per governare il terzo millennio. Sanno che al massimo nel 2018 si estingueranno come dinosauri e sono disposti a tutto per fare un ultimo giro di giostra”. La gestione delle ultime settimane è stata un disastro. Un intero gruppo dirigente chiuso in una stanza, fuori la gente che non capiva e non era ascoltata. Una scena fantozziana, con la proiezione della Corazzata Potemkin. Risultato fallimentare”. Tra l’altro senza guida, visto che Bersani si è dimesso assieme alla sua segreteria. Insomma il Pd resta in stand by per decidere chi guiderà il partito fino al congresso anticipato. I mille delegati dell’assemblea decideranno sabato 4 maggio e le ipotesi in campo sono parecchie, dall’idea di affidare la transizione ad una personalità, come Guglielmo Epifani, fino ad un direttorio che rappresenti le varie anime del partito. Intanto il governo Letta un primo risultato lo ha portato: rottura dell’alleanza con Sel.