La White List è un elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa, previsto dall’art. 1, comma 52 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (legge anticorruzione), come da ultimo sostituito dall’art. 29, comma 1, del decreto legge 90/2014. Con la novella del 1994, è stato sancito in particolare l’obbligo per i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (cioè le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche e, infine, per i contraenti generali) di consultare gli elenchi di cui al comma 52, art. 1 della legge anticorruzione. Dunque, in atto, è certo l’obbligo di utilizzo delle White List, ma non il correlato obbligo d’iscrizione nelle medesime da parte degli operatori economici. Da qui, l’intervento dell’ANAC che segnala l’esigenza di un intervento normativo teso a disciplinare “l’obbligo di iscrizione negli elenchi detenuti dalle prefetture, per le imprese che svolgono le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa”.