Staino, Cuperlo, Renzi si, Renzi no. Giuste le rimostranze della Minoranza Dem o è la solita sindrome da Tafazzi?

boboTra un senato riformato con il governo Renzi ed un Senato intatto con il governo Salvini-Grillo, Bobo sceglie Renzi. Questa l’ultima vignetta di Staino che sta animando il dibattito interno in casa PD. Vignette che hanno avuto la capacità di mostrare visivamente la distanza esistente fra le anime del partito. E la consapevolezza di una sinistra tradizionale, come quella rappresentata da Staino, che vive con insofferenza i litigi e i distinguo della vecchia guardia anche a costo di tollerare alcune scelte del leader forte.

Matteo Renzi rincara la dose: “l’unica cosa fatta non di sinistra è stata vincere le elezioni”. E Difende le scelte sul Cda della Rai. Replica amara di Cuperlo: “Se si tira in direzioni opposte, la comitiva si spezza”. Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole, invita all’unità: “Non intendo rinunciare a combattere ogni giorno per l’unità del Partito Democratico di fronte alla responsabilità enorme che ha oggi verso il paese. E con me tantissimi altri: parlamentari e senatori, sindaci, presidenti di regione, amministratori locali. Iscritti e militanti Pd e di centrosinistra. Noi non ci rassegniamo all’idea di un PD che si divide di fronte alle scelte cruciali da compiere nelle prossime settimane. Fuori dalla porta abbiamo populismi devastanti per l’Italia. Fuori dalla porta ci sono salti nel buio o passi indietro di cui non possiamo essere corresponsabili. Discutiamo quindi per unirci, non per dividerci. E uniamoci più di quanto non abbiamo saputo fare fino a qui. Da settembre avremo davanti sfide cruciali. Prepariamoci ad esserne all’altezza”.

Interessante la lettura proposta su Lettera 43 da Peppino Caldarola:
Il Pd è un’invenzione di due laboratori: uno faceva capo a Beniamino Andreatta e si è trasferito nella fornace politico-intellettuale di Romano Prodi e di Arturo Parisi.
L’altro, in quasi totale solitudine, aveva trovano, pescando nelle file degli ex comunisti, in Walter Veltroni l’interprete più autentico, cioè colui che aveva tratto le conseguenze più serie della svolta della Bolognina.
UN PARTITO NATO MALE. Gli altri filoni, poi rivelatisi dominati, cioè quello democristiano che faceva capo a Franco Marini, vivevano questa scelta come una dura necessità, esattamente come Fassino e D’Alema, che avrebbero preferito una svolta di tipo socialista, assai più il primo del secondo.
Comunque il partito è stato fatto e indubbiamente è stato fatto molto male.
Renzi, qualche anno dopo, trionfa sulla base di due “ideuzze”: la prima prevede la messa in pensione di tutta la classe dirigente precedente, ma soprattutto quella ex comunista, l’altra prevede una lettura plebiscitaria del Pd prodian-veltroniano.
Ha ragione Sergio Staino quando scrive a Cuperlo che Renzi è frutto degli errori della cosiddetta sinistra.
RENZI LEADER PER I TANTI ERRORI DELLA SINISTRA. Gli errori sono stati, li elenco sommariamente, questi: una culura ondivaga fondata sull’ansia di legittimazione.
La “terza via” nella versione italiana è stata la più grande iniezione di liberismo nella sinistra. Fassina e Orfini sono frutto di quella stagione.
Inoltre l’altro errore è stato quello di considerare il popolo della sinistra come una massa immobile. Ricordo una intervista del mio amico Sansonetti che, parlando del giornale che qualche anno dopo avremmo diretto insieme, considerava già messo in banca lo zoccolo duro e pensava a quelli nuovi da conquistare. Lo zoccolo duro è una immagine statica perché il mondo profondo del Pd , cioè gli ex comunisti, ragionano, hanno passioni, aspirazioni, rancori. Altro che zoccolo, altro che duro! D’Alema ha pensato di esserne il capo a vita. Non è stato così. Non poteva essere così.
Renzi molti lo hanno vissuto come una occasione, molti come una liberazione. L’attuale premier ha parlato un linguaggio prorompente, è sembrato avere la forza e la passione del radicale cambiamento, poi, come fosse nato ad Avellino, è stato travolto dal familismo amorale, che resta familismo e resta amorale anche sulle rive dell’Arno.
DEM A UN PASSO DALLA SCISSIONE. Questo Renzi la sua sinistra interna lo ha combattuto in modo dissennato, con alterigia, rancore, disprezzo. Oggi siamo a un passo dalla inevitabile, e auspicabile, rottura. Sergio Staino ha rivolto un estremo appello a Cuperlo, persona mite, colta e ragionevole, ma Bobo perde tempo. Non ci sono più margini.
La sinistra fallirà questo altro appuntamento per guasconeria e rissosità. E mancanza di idee-forza. Col fallimento della sinistra, fallirà anche Renzi che, scioccamente, ha pensato di essere diventato un fenomeno italiano.
Poi ha scelto di fare il capo-clan, scegliendo fra le mezze calzette. A ciascuno il suo.

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