Riceviamo e pubblichiamo da Flavio Venditti, membro del direttivo PD Fontana Liri. Perché Renzi?
La mozione Renzi e il partito (mozione Renzi-Martina). Se non torneremo più ai partiti del Novecento, la risposta non può essere nei partiti-azienda che come Forza Italia o i Cinque Stelle confondono la partecipazione popolare con le decisioni assunte da cupole proprietarie o da algoritmi privi di trasparenza. La risposta è un “partito pensante” che sia finalmente in grado di formare classi dirigenti a tutti i livelli, rivitalizzare la funzione dei circoli territoriali con compiti di organizzazione delle comunità locali, valorizzare in modi continuativi la comunità dei cittadini che partecipano alle primarie. E proprio mentre i partiti-azienda rinunciano a coinvolgere cittadini ed elettori nelle scelte di fondo, il PD affida ancora una volta alle primarie aperte la determinazione della propria leadership e della visione politico-culturale con cui si rivolgerà a tutti gli italiani.
Confermando l’identificazione tra leader di partito e candidato alla guida del governo (la soluzione più efficace, oltre che quella diffusa nelle principali democrazie europee, per legare la scelta dell’elettore alle future scelte del partito al governo). E puntando ad una solida alleanza con gli elettori – invece che su coalizioni che in passato hanno sempre impedito azioni di governo coerenti ed efficaci. Il Partito Democratico è nato su due pilastri. Da una parte, le culture politiche sulle quali si è fondata nel secondo dopoguerra la democrazia italiana. Dall’altra, l’idea di centrosinistra che è stata al cuore dell’esperienza dell’Ulivo: una forza di cambiamento reale e non solo un campo identitario, dove ciò che conta è rappresentare per governare. A dieci anni dalla nascita, il Partito Democratico può finalmente diventare quel “partito nuovo” che fu immaginato dai suoi fondatori, un soggetto di militanza popolare, formazione, competenza e pensiero del futuro che, nell’epoca della delegittimazione della politica e della privatizzazione dei partiti, sia per la democrazia italiana uno strumento di autentica partecipazione, in grado di tradurre la rappresentanza in governo e buona amministrazione. Un Partito “pensante” che selezioni e formi classe dirigente. Un Partito che rafforzi il protagonismo delle donne. Un Partito aperto, innovativo e radicato sul territorio, al quale arrivare attraverso una profonda riforma della cultura e delle pratiche organizzative. L’esperienza di questi anni ci dice che il principio – per noi essenziale – di coincidenza tra segretario e candidato premier richiede una cura particolare del Partito, specialmente durante le stagioni di governo, anche allo scopo di migliorare la qualità delle riforme e di farle vivere nella società. Un Partito costruito sui valori della partecipazione e della contendibilità. Per questi motivi proponiamo:
• Di dotare i circoli e i livelli territoriali del PD di competenze e ruoli professionali dedicati a specifiche attività sempre più rilevanti quali: la gestione del volontariato intergenerazionale, l’aggiornamento e la gestione di database e analisi dei dati, la promozione dell’autofinanziamento e la comunicazione sui nuovi social media.
• Di ridefinire la fisionomia dei circoli che devono diventare punto di riferimento della propria comunità. Contatto diretto, “porta a porta”, organizzazione delle Feste dell’Unità, uso dei nuovi strumenti di comunicazione. Per far questo occorre valorizzare il volontariato politico intorno a valori, identità, partecipazione e obiettivi dichiarati e condivisi: un volontariato intergenerazionale capace di mescolare tradizione delle culture politiche e di partito fondanti del PD e innovazione.
• Di ripensare il dirigente del PD sul territorio, a partire dal segretario di circolo, come un “promotore e organizzatore di comunità”, ossia una figura che sappia rappresentare non solo il rapporto con la Federazione e la gestione degli iscritti, ma anche essere riferimento di associazioni, mondi vitali, elettori delle primarie e cittadini, e dunque organizzare periodicamente consultazioni tra questi mondi sui temi dell’iniziativa politica del Partito.
• Di prevedere modalità periodiche di confronto, anche sfruttando le potenzialità della rete, tra iscritti, elettori ed eletti a tutti i livelli per dar voce alle comunità.
• Di ripensare i rapporti tra i livelli locali del Partito, le segreterie regionali e provinciali, da intendere come “rete di reti” e non come sommatoria di realtà tra loro impermeabili.
• Di costruire un sistema di formazione continua articolato su più livelli: un seminario nazionale rivolto a 300/400 giovani militanti e amministratori della durata di sei mesi; una “summer school” che rappresenti un momento annuale di approfondimento sui principali temi dell’agenda politica; un sistema di aggiornamento
permanente della comunità PD sui singoli aspetti dell’attività politica e della produzione legislativa nazionale e regionale del Partito, oltre che sui nuovi strumenti di autofinanziamento, incrociato al nuovo ruolo dei promotori e organizzatori di comunità.
• Di valorizzare il patrimonio politico e organizzativo dei Giovani Democratici, quale luogo cruciale per intercettare le giovani generazioni e nell’assoluto rispetto dell’autonomia dell’organizzazione giovanile.
• Di investire nella creazione dell’Albo degli elettori come base aggiornata dei cittadini ai quali fare costante riferimento per l’iniziativa politica.
Su queste e altre proposte proponiamo di tenere entro la fine del 2017 una Conferenza Nazionale sul Partito sotto forma di sessione straordinaria della prossima Assemblea nazionale del PD – allargata ai segretari di circolo – allo scopo di assumere le scelte utili a realizzare le innovazioni necessarie. In virtù di questa idea di Partito, analogamente a quanto accade in tutte le democrazie parlamentari anche basate su sistemi proporzionali, crediamo – come detto – che la leadership che si propone per il Governo del Paese debba essere la stessa che guida il Partito. E sempre in virtù di questa idea di Partito, ci sottraiamo a una discussione sul tema delle alleanze elettorali meramente “politicista”. Le alleanze durevoli in una qualsiasi democrazia parlamentare si fondano su una convergenza programmatica seria e su incentivi istituzionali chiari.. Al momento, le regole con cui voteremo non sono ancora chiare, però ci preme sin d’ora affermare due punti. Primo: il PD non deve rassegnarsi al piano inclinato che, dopo l’esito del referendum del 4 dicembre 2016, spinge verso la democrazia consociativa, quella per cui si decide tutto dopo il voto in una stanza dove si riuniscono i segretari di partiti grandi e piccoli. Per questo motivo, il PD deve fare tutto il possibile per introdurre correttivi maggioritari alla legge elettorale. Chi parla di coalizioni elettorali prima di parlare di alleanze sociali, proposte e identità, inverte – sbagliando – l’ordine dei fattori. Le alleanze che ci interessano sono quelle sui contenuti, con le elettrici e gli elettori del nostro Paese, in modo da unire le quattro grandi fratture che ancora attraversano la società italiana: sociale, territoriale, generazionale e di genere. I documenti usciti dal Lingotto (disponibili online sul sito www.matteorenzi.it) verranno ulteriormente arricchiti dalla partecipazione sui territori e nella rete, e rappresentano parte integrante della nostra proposta congressuale. Al fine di far tornare l’Italia a crescere e superare le fratture generazionali, territoriali, di genere e sociali, i democratici devono investire su tre assi strategici di azione politica e programmatica: prendersi cura della persona, prendersi cura del territorio, prendersi cura del futuro.
Flavio Venditti (da “Un partito pensante” di Andrea Romano.)