Storie del frusinate

A cura di Romeo Fraioli
Da unoetre.it
Nel Dizionario biografico del Movimento Operaio Italiano è presente la biografia su Paolo Orano, socialista della prima ora, sindacalista rivoluzionario finito poi nelle file del fascismo emergente. Nel 1904-05 collaborò all’Avanti! allora diretto da Enrico Ferri e su cui dall’agosto 1904 iniziò a pubblicare una rassegna delle biografie dei deputati al parlamento sotto il titolo I 508 moribondi, rubrica attraversata da un corrosivo antiparlamentarismo in linea col sindacalismo rivoluzionario nella quale venivano attaccati soprattutto i deputati liberali e repubblicani.

L’Avanti! del 27 ottobre 1904 riportava, sotto il titolo “I 508…Morti – La Sila parlamentare, la biografia di Federico Grossi deputato di Arce”:
«Ha 65 anni, suo padre era d’Arce e fungeva di chirurgo della servitù dei Borboni. Fece i suoi studi a Napoli, ma nel ’60, l’entrata di Garibaldi e l’uscita dei Borboni lo fecero rifugiare insieme alla famiglia in Arce, ove imperava lo zio Nicola Grossi con dispotica crudeltà. Arce era allora, con Ceprano e Isoletta, una delle rocche del brigantaggio. Tra i manutengoli delle schiere brigantesche si scoprirono subito i Grossi, Nicola, lo zio, e Federico, l’attuale onorevole, che dovettero fuggire. (…) Nel 1867 per la legge Pica i Grossi furono sottoposti a processo penale insieme ad altre famiglie brigantesche. Ma, i Grossi riuscirono a salvarsi e dopo qualche anno il giovane Federico, il brillante capo-borbonico era tramutato in «fervente» liberale ed elevato anzi alla carica onorifica di vice-pretore locale!!
(…) questo magistrato della libertà a poco a poco, con un assiduo lavoro di penetrazione, riuscì a far riacquistare alla famiglia ed alla clientela politica tutta l’antica potenza. (…) il piccolo paese di Arce, che aveva respirato un po’ di libertà sotto il sindacato del Germani, in breve fu rinfeudato ai terribili e loschi dominatori. Naturalmente la giovane speranza borbonica fu elevata presto ad importanti cariche: e prima di ogni altra Federico venne nominato consigliere provinciale. Ecco quindi Federico deputato del collegio di Pontecorvo, nel 1876, a scrutinio uninominale. (…) Venuti allo scrutinio di lista Grossi, ormai dominatore di una intera regione, venne rieletto e fu il primo sempre dei compagni di lista, tra i quali si trovarono uomini certo…meno peggiori di lui. I metodi del Grossi per la propaganda elettorale sono incomparabili. (…). Dopo la lotta sostenuta col Lucernari nel collegio di Pontecorvo, Grossi fu costretto a cercarsi un altro collegio ripiegando prima su Cassino e poi su Sora, quella povera Sora che ha rappresentato fin ora – come si dice – il suo covo, ne sloggiò il Bonacci e vi piantò la sua bandiera varie volte dipinta.»

«Nel 1887 Federico Grossi tentò di suicidarsi. (aveva dato fondo a tante risorse?) I grossisti trovarono un grande argomento in questo suicidio per far l’apologia del loro uomo il quale, appena eletto deputato – dicevano – dové smettere l’esercizio dell’avvocatura in Terra di Lavoro e si trovò costretto nella più assoluta miseria.» Ciò contrastava con la vita sfarzosa che conduceva «In quel tempo appunto il Grossi faceva il contratto d’affitto per la Caserma dei carabinieri – una famosa Caserma in Arce! – per lire 2000 annue con la Provincia.» Il suicidio dell’onorevole avrà avuto tante cagioni che lo scienziato può rintracciare.

«Con l’ingegnere Gaetano Martire, appaltatore del tronco ferroviario Roccasecca-Sora, Grossi era in eccellenti relazioni. A un tratto ogni relazione fu interrotta, cosicché quando fu inaugurato alla stazione di Arce l’esercizio del primo tronco, non soltanto Grossi mancava e nessuno ve lo rappresentò – solo il figlio dell’antico e bravo sindaco Germani vi assisteva dfederico grossi ok 350 mini quei d’Arce – ma la fischiante locomotiva che rompeva i silenzi o chi sa quale altra a Grossi fu fischiata dal muraglione del paese al suo primo passaggio». E’ rimasto indimenticabile il ricevimento che venne fatto in Arce ad Imbriani, il 29 luglio 1893.» che si recava ad inaugurare la bandiera di una società operaia. «Alla vigilia la Giunta telegrafò al forte campione della democrazia che nessuno lo avrebbe ricevuto. (…) fu persino sparsa la voce che ci sarebbero state revolverate, legnate e simili forme civili di accoglimento, si sarebbero chiusi i negozi, e sarebbero stati moltissimi i fischiatori. Imbriani giunse puntuale e sereno come sempre. I suoi occhi fieri dominarono la popolazione, che lo accolse facendo ala e scoprendosi al suo passaggio.»(…)

«Federico Grossi conserva tutto il suo nero spirito di reazione borbonica. E’ il nemico giurato della scuola, eccetto che di quelle scuolette che servono per semplice fabbrica di elettori… Non vuol sapere, non vuol vedere le popolazioni trapassare dall’ignoranza selvaggia dell’analfabetismo alla pallida ma iniziale intelligenza civile del saper leggere e scrivere. Basterà un documento per tutti. Il tavernaio che teneva in fitto il locale attiguo alla famosa caserma, aveva un figliuolo intelligente al dire di tutti coloro che lo avvicinavano consigliando il padre di farlo studiare, almeno per rendere la sua vita migliore di quella che sia la vita dell’oste. Il babbo chiese l’aiuto dell’onorevole Grossi. Grossi sentì il nemico e cercò tutte le volte di sviare il discorso o almeno di temporeggiare. Il padre allora mandò il figliuolo al ginnasio di Arpino; non richiedeva al Grossi, in tutto e per tutto, che un biglietto di raccomandazione per il preside di quell’istituto, il professore Tamburini. L’onorevole temporeggiò ancora; e quando gli esami furono terminati, consegnò all’ingenuo taverniere un biglietto – ermeticamente chiuso – che, recapitato al figlio (Bernardo Nardone, ndr), onde fosse consegnato al preside, fu dal figlio medesimo – che non fidava in Grossi – aperto. Eccolo: “Caro amico, l’esercente della mia osteria a Borgo Murata, non ostante il ridicolo con cui ho combattuto di aver la pretesa di fare il figlio dottore; ha voluto mandarlo costì a studiare (seconda ginnasiale). Ecco lo scopo di questa mia. Ti saluto tuo amico Federico Grossi”.
Dopo questo esempio – il Grossi dovette riconoscere il suo biglietto pubblicato nel 1889 sul Paese di Napoli – e dopo che il fanciullo entrò nella seconda del ginnasio di Arpino, Grossi fece togliere in Arce definitivamente le classi superiori, acciocché…non si dovesse ripetere il caso!…
Il collegio di Sora deve liberarsi della orrida figura di questo onorevole. Mercé sua accadono colà cose incredibili: vi si parla di ossa umane macinate a scopo di concimi…chimici, invece di venir raccolte in un nuovo camposanto, essendo esumate dal vecchio! La sua persona ricorda a tutti il processo al circolo ordinario delle assise di Napoli del 1889, seguito alle sette pugnalate che a Napoli incontrarono il…portafoglio del Grossi, gonfio di “carte da visita”, processo dal quale risultò che l’aggressore era un tale Eugenio Quattrucci, fratello di una povera creatura, Giovannina, la quale – essendo egli ancora piccino era stata violata dal Grossi e resa madre di un piccino – che fu chiamato Federico. La famiglia aveva nascosto la vergogna – di chi? – a Napoli; ma il fratello doveva essere il vendicatore; e, se non fosse stato quel portafoglio…! Girardi, difensore del fratello vendicatore, fu epico. Egli si rivolse ai giurati tuonando: “Dica, signori giurati, il vostro decreto ai cittadini di Arce che il regno della prepotenza è finito!” Il processo durò un mese e finì di sabato. La domenica istessa, Federico Grossi, per precedente mandato avuto, rappresentava a Roma la provincia di Caserta in un congresso di provincie!
Dalla morte di Rosano – che patteggiò col Grossi per la sua base politica – in qua, Federico Grossi ha riacquistato tutta la sua mostruosa influenza nel collegio, anzi nella regione. Dicono ora che Giolitti voglia farlo senatore. Si elettori liberi di Sora, in parola d’onore che Grossi se lo merita!» (tutti i brani in corsivo sono de L’Avanti! del 27 ottobre 1904)

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