Crisi di governo. Cosa succederà

renziconteConte è salito da Mattarella ed il Capo dello Stato ha chiesto un chiarimento in parlamento.
Tutti ora si domandano: cosa succederà adesso?
Gli scenari possibili.
Da repubblica.it
E ora cosa succederà? La crisi è aperta, dopo lo strappo di Matteo Renzi e il ritiro delle sue due ministre, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, dal governo. Ora Giuseppe Conte è alle prese con la sua seconda crisi di governo in poco più di due anni. Gli restano poche strade da percorrere: cercare un’altra maggioranza in Parlamento, oppure salire al Colle e rimettere il suo mandato. Il pallino passerebbe nelle mani del presidente della Repubblica, come detta la Costituzione. E si aprirebbe la più classica delle crisi al buio.

Resta la tentazione dello showdown in Aula per raccontare al Paese l’azione del governo e la “contro-azione” di Italia Viva. Un modo per uscire anche di scena, “ma a testa alta”. Il premier potrebbe adottare una linea non diversa rispetto a quando fu Matteo Salvini a staccare la spina. La partita, questa volta, è però più complicata. Renzi non ha chiuso tutte le porte al capo del governo ed è, tradizionalmente, un abile “giocatore di poker”, tanto che si ipotizza perfino un appoggio esterno di Iv al premier. Ma a quanto pare tra “l’Avvocato del Popolo” e il leader di Iv la fiducia si è spenta. Di fatto, il capo del governo è a un bivio. Per evitare lo showdown parlamentare e la sfiducia in Aula potrebbe rimettere il mandato e aprire ufficialmente un tavolo di maggioranza, come chiesto da Renzi, per dar vita eventualmente ad un Conte-ter. Ma se il premier non si fidava, figurarsi dopo una conferenza stampa che il leader di Italia viva ha improntato contro di lui.

Intanto, il Pd si è riunito per studiare le prossime mosse, dopo il tentativo disperato di ricompattare la maggioranza poche ore prima della conferenza stampa del leader di Iv. Per il segrario dem, Nicola Zingaretti, “Italia viva è inaffidabile in ogni scenario”, mentre cresce la preoccupazione tra dirigenti del partito per la mancanza di responsabili e quindi il rischio di elezioni già a giugno.

Vediamo quali potrebbero essere gli scenari possibili dopo lo strappo di Renzi.

Una coalizione con i centristi e senza i renziani
Conte potrebbe sfidare Renzi cercando di costituire una maggioranza senza di lui, soluzione che poggia sul fatto che in questo momento sia 5S che il Pd fanno sapere di non voler più avere a che fare con Italia viva. In questo caso il premier dovrebbe raccogliere in aula i voti che gli servono per portare avanti l’azione di governo. Entrerebbero così in azione i “responsabili”, da reclutare in ambienti centristi. Torna, sullo sfondo, il “modello Ursula”, con le stesse forze politiche che nel 2019 elessero la presidente della commissione Ue von der Lyen. Il partito di Berlusconi, al momento, ha smentito qualsiasi operazione politica sganciata dal resto del centrodestra. Di certo, in caso di cambio di maggioranza, Mattarella si attende le dimissioni del premier, per un nuovo incarico e un passaggio dalle Camere per la fiducia.

Dimissioni e nuovo incarico per il Conte-ter
Dopo le parole di Renzi e il ritiro delle due ministre Iv dal governo Conte, il premier potrebbe salire al Colle e rassegnare le dimissioni nelle mani del capo dello Stato. A quel punto si aprirebbero due strade. La prima è quella che porta a un reincarico allo stesso presidente del Consiglio uscente. L’avvocato si ripresenterebbe alle Camere con una nuova compagine di governo. E con una squadra rinnovata nei posti chiave e nel programma, chiederebbe la fiducia. La subordinata di questa ipotesi – che ha scarse chance di riuscita – è un Conte ter che prenda invece il largo in forza di un semplice rimpasto. Insomma, stessa maggioranza, in parte gli stessi ministri alla guida dei dicasteri più importanti, solo qualche ritocco. Molto difficile tuttavia che Renzi si accontenti di un maquillage dell’attuale governo.

Stessa alleanza, premier diverso
Se per Renzi e i suoi il problema è Giuseppe Conte, nel M5s invece si fa quadrato attorno al presidente del Consiglio. E anche dentro il Pd in pochi sono disposti a rilanciare la maggioranza con un esecutivo guidato da un esponente “politico”, diverso dall’avvocato. Eppure, i candidati potenziali alla successione a Palazzo Chigi sarebbero i vertici dem. Due in particolare. Il ministro dei Beni culturali e capo delegazione pd al governo, Dario Franceschini. Oppure (anche se meno probabile anche perché già governatore nel Lazio) il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Renzi ha lasciato intendere che la premiership dem potrebbe essere un’alternativa valida al Conte ter. Al contrario, il leader di Italia Viva ha bocciato qualsiasi soluzione targata 5S, Luigi Di Maio incluso.

Urne anticipate
Il voto, di sicuro, resta lo scenario da evitare. Quello su cui sicuramente punta l’opposizione ma è una possibilità che il Quirinale considera con perplessità, visto che siamo nel pieno di una pandemia. Di certo, alla prospettiva di elezioni anticipate non crede per primo Renzi (come va ripetendo da un mese ormai). In più, il ritorno alle urne è la soluzione vista come fumo negli occhi da un corposo partito trasversale di parlamentari che, specie dopo il taglio dei seggi, rischia di non essere rieletto. In ogni caso lo scioglimento anticipato delle Camere non può essere disposto da luglio in poi, quando scatta il semestre bianco prima dell’elezione del nuovo capo dello Stato.

Esecutivo tecnico, l’ipotesi Draghi o Cartabia
Se la crisi divenisse un tunnel buio, una via d’uscita potrebbe essere quella di un governo istituzionale o tecnico, con la partecipazione trasversale delle maggiori forze politiche. La guida potrebbe essere affidata all’ex presidente della Bce Mario Draghi o all’ex presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia. Anche questa una soluzione che in fondo non dispiace a Renzi, che convince molto poco i giallorossi (Zingaretti l’ha esclusa parlando all’ufficio politico del Pd) e che divide l’opposizione: Silvio Berlusconi sosterrebbe volentieri un esecutivo di questo tipo, Matteo Salvini non la esclude, con ministri non politici ma d’area e in via transitoria. In questo caso potrebbe anche trattarsi di un governo “di scopo”, legato a pochi obiettivi – la gestione dell’emergenza pandemia in primis – che traghetti il Paese alle elezioni. La leader di Fdi Giorgia Meloni non vede invece alternative al voto subito.

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