Intervista a Fabio Cantelli

Da sentireascoltare.com

SanPa continua a tenere banco. Cantelli regala nuove perle alla stampa italiana
L’animata discussione attorno a SanPa, Luci e Ombre di San Patrignano, docu-serie evento di questo inizio 2021 non si placa, anzi. Nei giorni scorsi nuovi scontri hanno visto ancora una volta protagonista Red Ronnie, che si è scagliato contro Luca Bizzarri, ma anche strenue difese dell’opera che, partendo proprio dalle parole in sua difesa dello stesso Bizzarri, «non va intesa come un affossamento della comunità di recupero tout court».

A fornirci nuove riflessioni a pro dell’opera hanno pensato Fabio Cantelli Anibaldi, senza dubbio – e ormai unanimemente riconosciuto – il profilo umano e intellettuale più affascinante emerso nell’intera serie, e Carlo Gabardini che con Paolo Bernardelli ne è autore.

Nell’intervista concessa a Rolling Stone, Cantelli regala nuove perle, smontando il mito r’n’r legato al consumo di droga («L’eroina e la coca sono totalizzanti: mi fa ridere chi parla di “uso controllato”… …Bisognerebbe chiedere a Keith Richards quanti pezzi degli Stones ha composto lucido e quanti sotto l’effetto dell’eroina…») ma il suo intervento ci ha colpito particolarmente per esser entrato nel merito del più ampio problema della dipendenza che ci ponevamo in sede di recensione, con particolare riferimento al contesto attuale in rapporto a quello di allora.

«Oggi pare che bastino cinque o addirittura tre euro per farsi d’eroina – afferma – con quei prezzi, negli anni Ottanta, ci saremmo risparmiati i furti, il carcere, la prostituzione, gli sbattimenti della vita di strada. Ma questa normalizzazione della droga non ha cambiato l’impulso che conduce a lei… …se avessi avuto la roba di Stato o venduta dalle mafie come oggi per pochi euro col cavolo che ne sarei uscito. Immagino quindi quanto sia dura oggi per un ragazzo comprendere di essersi infilato in un vicolo cieco. Farsi è diventato un atto conforme, accettato dalla macchina consumista… …Aveva ragione Pasolini quando intravedeva nella seduzione del consumismo una forza più devastante del fascismo. Il fascismo toglieva libertà, ma il consumismo ruba l’anima».

Il punto centrare nell’analisi di colui che è oggi il vicepresidente della onlus torinese Gruppo Abele, è che l’Italia è un Paese che dimentica in fretta e non vuol far i conti col proprio passato, inevitabile che si trovi oggi con gli stessi problemi di allora: «i tossici non vogliono autodistruggersi, al contrario, s’innamorano della droga perché non accettano la propria mortalità», mette nero su bianco il Nostro. «Liberarsi dalla dipendenza è strettamente legato alla coscienza e all’accettazione del limite che ogni vita ha».

Sono concetti lucidi che vanno a smontare alla fondamenta ogni campagna antidroga di allora il cui stereotipo è arrivato fino ai giorni nostri: se la percezione del drogato è congelata nel tempo come «colui che non ama la vita», nel frattempo, tutto è cambiato a livello di fruizione, con la normalizzazione della dipendenza che ne è seguita a ridurlo alla stregua di consumo mercificato e nondimeno tacitamente tollerato nei limiti di un normale espletamento dei compiti della vita sociale.

Altre appassionate difese di SanPa arrivano sulle pagine del Fatto Quotidiano da Gabardini che, come tanti suoi coetanei, ha vissuto direttamente gli anni ’80 tra terrorismo psicologico da parte della sua famiglia in primis e numerosi amici morti per droga. L’autore rigetta la teoria della tesi precostituita della serie, affermando, anzi, che a fine visione, anzi, lo spettatore abbia dalla propria la liberà di potersi collocare all’interno di un complesso spettro emotivo e ideologico riguardo all’operato di Muccioli.

«SanPa oltre che di droga parla del nostro Paese, dell’uomo forte al comando, del potere, del bisogno di avere una fede, dei media e soprattutto dell’assenza dello Stato che bollò la droga come una tematica tabù e creò emarginazione e stigma sociale – afferma – Le luci ci sono e vengono mostrate in maniera profonda e senza filtri… …e il fatto stesso che San Patrignano esista ancor oggi e che molti ex tossicodipendenti siano vivi e si siano costruiti una nuova vita, è già di per sé un enorme e clamorosa luce».

Interessante infine l’aneddoto riguardo proprio a Cantelli, il cui libro La quiete sotto la pelle è stato scoperto per caso da Gabardini che in quel momento si trovava in una biblioteca per un’altra intervista della docu-serie. Il suo coinvolgimento è avvenuto in corso d’opera ma la folgorazione per il suo scritto e pensiero è stata immediata. E proprio le sue parole sul finale secondo l’autore dicono tutto: «Io sono vivo grazie a San Patrignano e nonostante San Patrignano».

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