Mostra di Franco Bianchi Poteca

mostrapotecasposi (4)Inaugurazione della mostra di Franco Bianchi Poteca. 

Oggi pomeriggio alle ore 17.00 presso il Teatro Stabile di Isola del Liri si svolgerà l’inaugurazione della mostra di Franco Bianchi Poteca. 

Franco Bianchi-Poteca, architetto e docente di Storia dell’Arte, si misura con l’arte della pittura fin dalla giovinezza.  L’esposizione realizzata con il patrocinio dall’Ente Comunale e dalla Pro Loco di Isola del Liri è un evento del tutto inconsueto , in quanto l’artista -architetto  abitualmente svolge il suo lavoro artistico fuori dai confini provinciali. I suoi lavori, più di trenta opere, tra dipinti , installazioni , sculture e scritti sono esposti nell’ ampio spazio del  Teatro Stabile Comunale di Isola del Liri in notevole mostra personale. L’artista ciociaro , ha iniziato sotto la guida del padre, Giovanni Bianchi “Poteca” ( nome d’arte che ha fatto anche suo ) applicandosi nell’apprendere  le tecniche pittoriche e plastiche , ma negli anni, con la maturità e la deformazione professionale dell’architetto, ha sempre più, saggiato l’arte in molti altri campi affini. Indubbiamente il colore, il disegno e la scultura sono la sua  prima anima anche se negli ultimi anni, ha prodotto tante altre opere : sculture, installazioni, scritti, scenografie. Le fasi del lavoro artistico di Franco Bianchi come in effetti confermano anche gli “esperti” sono sostanzialmente tre. Le opere lungo l’arco degli anni ottanta-novanta  testimoniano una tendenza al ruvido, al complesso, all’eccessivo senz‘altro attinto dalle tele di Bacon. La tendenza a scomporre la superficie in varie sezioni in questi anni e’ già evidente. Le tele sono riempite con una serie di immagini – prova recuperate dall’informale, studiato in chiave neo-divisionista e simbolista  che si accentua negli anni novanta evolvendosi in una tematica più intimista e lirica.  Essendo architetto di professione sicuramente  la pulizia, l’assenza di sbavature nei lavori degli anni successivi  sono certo indici di un controllo esecutivo più misurato, anche se vi è di fondo un intreccio di idee e un complesso di suggestioni che lo stesso segno riesce a stento a contenere. Forse è proprio questo il nodo dal quale si diramano i lavori del nuovo millennio  fatti di contrasti e accostamenti che coinvolgono ogni elemento dell’opera, dal supporto ai segni, dai formati alle cornici, dalle campiture di colore alle forme, dai mezzi pittorici ai materiali applicati. Con l’assemblaggio di più tele di grande formato, e di per sé autonome, realizza  ampi polittici composti secondo una logica di continuità tra i vari pezzi: bande di colore, segni grafici, planimetrie ignote,  che si ricompongono in una struttura che, obbedisce al controllo ed alla forma mentis dell’architetto costruttore. E’ allora ecco che il simbolismo seriale, già evidente nei decenni precedenti  con le figure degli uccelli-pappagalli- , diventano vere scenografie simboliche piccole e grandi installazioni che ricordano sculture totemiche. Il progetto visivo delle sue opere è in genere semplice : oggetti ordinari, disposti e strutturati  o realizzazioni di improbabili architetture. Credo che invece la lettura metaforica sia più vasta, il percorso concettuale e’ spesso documentato , con piccoli scritti ,con manoscritti aggiutivi . Si tratta di integrazioni , in genere, che elaborate sulla base di rapidi schizzi , intensi , incisivi,   sintetizzato in un quadro mentale più articolato, non immediatamente decifrabile. L’attitudine a smembrare il piano pittorico torna d’attualità negli ultimi anni, il segno risulta meno euforico e il racconto , seppur informale è incorniciato da cromie piu’ chiare , bianchi , azzurri , sfumature. velature. Pochi ma efficaci ,a mio parere, gli assoli cromatici. Un concetto, nelle recenti opere , che a volte  tanto assomiglia all’acqua, la pittura risulta trasparente , luminosa.  In questo modo lo” specchio ” di Franco Bianchi Poteca diviene strumento di conoscenza . Il risultato ,” l’oggetto-ponte” fra realtà e fantasia, mezzo magico d’indagine dell’oltre e allegoria del nostro conoscere. E’ questo il percorso scarcerato da ogni impedimento reale che vince , si afferma e si mostra . Nel bene e nel male. Come sempre in ogni storia che tratti di Arte .

Franco Bianchi Poteca

 

BREVE  BIOGRAFIA

Franco Bianchi-Poteca è architetto e docente di Storia dell’Arte. Inizia  giovanissimo a dipingere . A partire dagli anni 70/ 80 ha già al suo attivo numerose mostre personali e collettive. Negli ultimi anni ha esposto : /2013-Spazio Comel -Latina/2013-Fondazione Moderni -Roma/2017– “La Dama e Il Libro” Palazzo della Provincia di Frosinone /2018– Art Expo-New York/2018– Art Nordic-Copenaghen/-2018-Brik Lane Gallery-Londra /2018-Biennale del Tirreno – Cava dei Tirreni -Salerno/2018– Salon Internazional d’Art Contemporanin -Cannes/2018-Arte Milano -The   Factory -Milano/2018-Arte Ingegno-Arcadia ArtGallery Milano/2020Ministry of Culture Cultural Centre-Umm AL Quwain / Al Fahidi Cultural Centre-Dubai/2020“Vieni” Installazione intitolata a M.Mastroianni a cura del Comune di Fontana Liri- Regione Lazio/2022– Salon Internazional d’Art Contemporanin 3F -Parigi.  Franco Bianchi-Poteca inoltre vanta molteplici lavori per conto di Enti pubblici, attività nel campo della scenografia, architettura, scritti, lavori di design e opere scultoree in bronzo.  

SAGGIO CRITICO DI PREFAZIONE DEL  CATALOGO

 A CURA DEL PROF. Marcello Carlino

Il percorso dell’arte di Franco Bianchi Poteca, tra pittura e scultura, sembra potersi ricapitolare, finora, in una sequenza di tre tappe, quantunque sia necessaria l’avvertenza che le vicende della ricerca artistica non si svolgono mai lineari e progressive, ma contengono per contro, statutariamente, diramazioni, soste, ritorni, riprese.

Nelle opere appare di sicura evidenza che tracce di Bacon e del suo espressionismo astratto sono dapprincipio rimarchevoli: le figure umane e, segnatamente, i loro volti rompono gli argini della definizione formale e si scompongono, si frammentano, si suddividono in disordinate particole: ciò che è racchiuso nel loro tronco e fra le ossa del capo, ciò che è dentro – e che per tanto simbolicamente apparterrebbe ai domini della interiorità – fuoriesce come materia disarticolata e inorganica, dai colori mineralizzati, translucidi. Il personaggio-uomo non regge, vacilla, colpito si perde; la frana dall’interno all’esterno, che accumula corpuscoli refrattari, non sembra avere arresto, anche perché l’allestimento della scatola scenica d’ambiente concede sovrapposizioni di piani, torsioni, slittamenti come sotto effetto di onde di propagazione che non hanno soluzioni di continuità o sotto gli scotimenti di uno sciame sismico che perdura. Non possono escludersi, nei quadri di rappresentazione, incipitarie mosse di dramma, alla maniera di Bacon, che esprimeva solitudine, incomunicabilità, male di vivere; epperò non è arbitrario ipotizzare che dalla testa del personaggio alla ribalta si riversino dinanzi a chi guarda tessere di un puzzle da montare, pezzi di un gioco di costruzioni, elementi che rinviano all’arte come finissimo esercizio di piacere della esperienza e della conoscenza, come libertà al di là del troppo umano, in salvo dalle pastoie che costringono e intristiscono il principio di realtà. Quasi che la craniotomia operata lasciasse esondare il represso, fluire il rimosso che si legano alla verità profonda dell’uomo e dell’arte.

Non a caso di fianco ad una sagoma d’uomo come decapitato, sta un uccello fatto della stessa materia/colore esondata dai recessi del corpo, un patchwork in corpo di volatile, un assemblaggio arlecchinesco felicemente variopinto.

Parte così la seconda tappa dell’itinerario di sperimentazione di Franco Bianchi Poteca. Ad avervi un ruolo di primissimo piano sono gli uccelli, appunto. Bianchi, bruni o iridati, stanno – per riposarsi dopo il volo o per carburarsi prima del volo – in assolo o in coro, poggiati su un trespolo o distribuiti in ordine su di un attaccapanni, fermi sulla cuspide di una colonna da stilita o assorti forse pregustando una macedonia di frutta. E mentre dalla bidimensionalità della tela si trascorre alla tridimensionalità della scultura (una scultura-ambiente) e della installazione (che non manca di un movente ecologico), tutt’intorno a loro fioriscono figurazioni di sapore etno-antropologico, ora maschere ora totem ora fantasime da festa contadina, ora simboliche materializzazioni di fertilità e di abbondanza ora emblemi di magici riti propiziatori, ora tappeti esotici di filatura salgariana con sentinelle animali e con sorprese: fioriscono e si stilizzano spesso prendendo di legno. Un mondo altro e visionario, portato dalla fantasia e dall’immaginazione, stipato di luoghi del meraviglioso popolare alla maniera surrealista, si schiude affacciandosi sul piacere del testo di barthesiana memoria e promuovendo l’impareggiabile arte rigogliosa del gioco (e pure l’arte sopraffina dell’ironia, considerato che spesso sono “vintage” e sanno di riciclo le forme primitive appena sbozzate e gli stili della composizione plastica): è un mondo che vola. Finché il volo si fa assoluto.

A battere le ali è un filo di colore sulla superficie della tela, come su di una pista di decollo indicata da un semplice segnale in aggetto (una sorta di gnomone misuratore del tempo) ovvero tracciata da un ventaglio di minuscole orme, che instradano sembrando rimbalzare da Mirò.

L’informale, che stavolta accompagna il viaggio di ricerca, punta verso un altro pianeta (pare aversene una carta geografica con i suoi rilievi), circondato dal bianco di una nuova aria, pulita: un pianeta azzurro distante anni luce di una ritrovata sintonia con l’universo.

È la terza tappa di un percorso non rettilineo né pienamente preventivabile, diramato invece, animato pure da assaggi, da diversioni, da prove, da soste, da ritorni, da riprese: il percorso di Franco Bianchi Poteca, quello di ogni libera avventura dell’arte.

                                                                                                         Marcello Carlino

              

 

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