In regalo un capannone

Di Michele Serra.

Se volete regalare un capannone per Natale, questo è il momento giusto. La Confindustria del Veneto ha aperto un portale nel quale cerca di ricollocare undici mila capannoni abbandonati. Vengono via con poco. Demolirli costa, i proprietari preferiscono lasciarli lì, gusci vuoti in mezzo alla grande pianura. Carcasse in memoria del nostro prosperoso Novecento.

Che ce ne facciamo, adesso, di tutti quei capannoni vuoti? Qualcuno ha pensato di farci i rave-party, ma non è andata a finire bene. Cercare di rifilarli ai cinesi, come abbiamo già fatto con pezzi importanti della nostra industria dismessa, non funziona più: i cinesi si stanno comprando l’Africa, ormai ragionano in grande, altro che Veneto… Forse si potrebbe provare con una grande campagna nazionale, “adotta un capannone a distanza”. Con i pinguini funziona. O smantellarli e ricostruirli su Marte, basta chiedere a Elon Musk.

Nel solo Veneto i capannoni sono più di novantamila, più o meno uno ogni 50 abitanti. Non ci credevo, ho rifatto i calcoli un paio di volte, ma la proporzione è questa: ogni cinquanta veneti c’è un capannone. I medici di base – media nazionale – sono uno per ogni 1200 abitanti. Un capannone ogni 50 abitanti, un medico di base ogni 1200.

Un po’ ovunque, con poche eccezioni, l’Italia ha costruito se stessa, e il proprio benessere, sulla base di un patto con la politica che funziona più o meno così: io ti voto, ti faccio fare il sindaco, il consigliere regionale, il deputato. In cambio, tu devi chiudere un occhio se evado le tasse, lo sai, no, che lo faccio solo per far quadrare i miei conti… E devi lasciarmi costruire il mio capannone, e la mia casa, dove mi va, senza fare troppe storie. Lo sai, no, che lo faccio solo per il bene della mia famiglia…

L’abusivismo edilizio, con le case costruite nei valloni franosi, o accanto al greto dei fiumi, porta morte e dolore. Con i capannoni sparpagliati a casaccio, a decine di migliaia, va appena un poco meglio: a morire è l’ambiente, perché la cementificazione leva il respiro alla Terra. E a morire è il paesaggio italiano, che poi magnifichiamo nelle campagne di promozione turistica, come se la retorica potesse salvarci.

Un grande veneto, il poeta Andrea Zanzotto, definì “progresso scorsoio” questa maniera di vivere. Progresso scorsoio: più accelera, più ti stringe alla gola.

Oggi ci ritroviamo a fare i conti con i capannoni dismessi, e domani? I centri commerciali nascono come funghi. E sorgono in pochi mesi gli smisurati capannoni della logistica, cemento e acciaio a perdita d’occhio. Il giorno che dovesse cambiare il modello di sviluppo, e cambierà, che ce ne faremo, di centinaia di centri commerciali dismessi, e dei depositi della logistica lunghi chilometri?

Per far vedere che hanno buone intenzioni, i giganti della logistica mettono spesso, accanto ai loro megadepositi, i laghetti con le papere. Quando sarà il momento di svendere quei capannoni giganti, tra venti o trent’anni, anche le papere saranno comprese nel prezzo.

– Michele Serra

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