Il cambiamento (in peggio) di Cassa Depositi e Prestiti

Come è cambiata in peggio Cassa Depositi e Prestiti negli anni? 

Quando è nata nel 1850 (ancora prima dell’unità d’Italia) la Cdp aveva un unico scopo: raccogliere e tutelare il risparmio dei cittadini e utilizzare questa enorme massa di denaro – pari a 280,5 miliardi di euro nel 2022, per oltre 20 milioni di risparmiatori – per finanziare gli investimenti degli enti locali a tassi agevolati. Quindi i Comuni si sono rivolti alla Cdp per 140 anni fino a quando, nel 1992, il governo Amato ha introdotto la possibilità per gli enti locali di rivolgersi alle banche private.

Dati gli alti tassi di interesse esercitati dal mercato dei privati, però, i Comuni hanno continuato a rivolgersi alla Cdp. Ma anche questo aspetto è cambiato: nel 2003 – sotto il governo Berlusconi e il ministero dell’Economia guidato da Giulio Tremonti – la Cdp è diventata una società per azioni. Fanno così ingresso nell’ente le fondazioni bancarie, ovvero i principali azionisti delle banche private. Oggi la Cdp agisce in tutti i settori dell’economia italiana (e anche internazionale); il suo scopo è diventato l’utile e, di conseguenza, i suoi investimenti sono legati al profitto. Cdp ha intessuto partecipazioni in tutte le società di rete (Eni, Enel, Snam, ecc.), in fondi di investimento (dai resort di lusso alle joint venture) e sì, continua a finanziare i comuni ma con tassi da mercato. Non solo, ma dato che i Comuni sono con alle spalle al muro, Cdp si propone come partner per la dismissione del loro patrimonio pubblico. “I nostri risparmi finiscono per favorire la privatizzazione del patrimonio pubblico” spiega Marco Bersani, presidente di Attac Italia.

“Tutti i servizi che vediamo realizzati oggi, dagli asili alle ferrovie, dalle scuole ai parchi, sono stati realizzati grazie agli interessi della Cdp prima della stagione delle privatizzazioni”, aggiunge Bersani. “Un meccanismo che è servito a garantire uno stato sociale al Paese e un tasso di modernizzazione tra i più alti in Europa. Inoltre, fino al 1992, l’Italia aveva un controllo pubblico sulle banche pari al 74,5%. Oggi il controllo pubblico delle banche è a zero: abbiamo il record mondiale di privatizzazione del sistema bancario”. Con il risultato che oggi i tassi di mercato assorbono buona parte della spesa dei comuni: mediamente il 10% delle spese correnti di un Comune serve a pagare gli interessi sul debito, questa cifra sale al 12% per 1.403 piccoli Comuni e supera addirittura il 18% per altri 727 di questi. Tutte risorse sottratte ai servizi pubblici.

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