Marcello Mastroianni, l’italiano perfetto

Da Culturaidentita.it“Non c’è separazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. I morti sono tra noi, sono vivi e noi siamo tra loro, e forse siamo morti”, recita il commercialista pavese Giovanni Monti, alla fine di un dei più bei film “gotici” del cinema italiano, Fantasma d’amore (1981) di Dino Risi. E in effetti, Marcello Mastroianni, che regala voce e volto al commercialista del film, e di cui ricorrono i venticinque anni della morte, è un fantasma, ma lo è stato anche quando era in vita, una vita straordinaria e straordinariamente prolifica, per numero di film – tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta arrivava a una media persino di tre all’anno, tutti da protagonista e tutti di eccelso livello.

La parola fantasma possiede infatti due significati, presenti pure nel film citato: quello di spettro e quello di simulacro; del resto la parola nasce dal greco antico e dalla radice φαν-, cioè “apparire” o “mostrare”.

In tal senso, Mastroianni fu ed è il fantasma della identità italiana e dell’italiano, cioè costruisce il simulacro più perfetto di chi siamo noi, o almeno di cosa siamo stati tra la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio del nuovo millennio. Nessuno come lui ha rappresentato il nostro essere italiani, eppure la sua generazione ha contato interpreti maestosi, grandissimi. Ma i Sordi, i Gassman, i Tognazzi (potrei continuare, la lista è lunga) rappresentavano l’italiano secondo la tradizione, anche stereotipata, benché vera.

Mastroianni invece, a cominciare dalla recitazione “in levare”, secondo la famosa definizione michelangiolesca sulla missione dello scolpire, anziché per accumulazione, abbraccia la tradizione della retorica “latina” per decomporla e poi crearne una nuova, quella che lo rende l’attore più internazionale del cinema italiano. Mentre nell’immagine tradizionale dell’italiano la retorica accumulatrice e gestuale porta all’esteriorità, l’essenza più pura dell’idea di italianità sta invece nella serietà, nella ironia (più che non nel sarcasmo), nel sorriso scettico anziché nella risata sguaiata, nel dubbio, nella percezione della eternità della crisi. Tutti elementi che i personaggi interpretati da Mastroianni, e non solo nei film di Fellini, portano sullo schermo.

E’ impressionante come egli abbia interpretato figure umane le più diverse, dal rivoluzionario all’aristocratico all’emigrato al borghese piccolo piccolo, fino a mettere in discussione la sua stessa immagine (stereotipata, anche se vera) di latin lover: nell’omosessuale di Una giornata particolare, ovviamente, ma anche nel meno noto, e tragicamente profetico, film di Jacques Demy, Niente di grave suo marito è incinto (1973) dove Mastroianni si trova…ingravidato dalla moglie, interpretata dalla compagna anche nella vita (in quel momento), la Deneuve. Eppure nella ridda di personaggi più diversi, nel passaggio dei generi dal dramma (anche a ambientazione storica) alla commedia fino alla farsa, come nessun altro Mastroianni è riuscito a creare i personaggi restando se stesso: il se stesso non dell’uomo Mastroianni, ma del simbolo, del simulacro, del fantasma appunto della identità italiana

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