Sette conti correnti aperti in Italia e cinque, in quattro diversi istituti di credito, accesi in Spagna. Più diverse proprietà immobiliari. Apprendiamo da Blitzquotidiano, Il Messaggero e Repubblica le seguenti notizie: L’ex capogruppo indagato per peculato ha negato addebiti e ruberie sul suo vasto patrimonio: “So di non aver commesso alcun illecito, ma se ho sbagliato pagherò”. Ma fa nomi del presidente del consiglio regionale Abbruzzese e altri 8 consiglieri del centrodestra. E intanto spunta anche una nuova casa, un attico in affitto dalla Regione in via Margutta. Ore e ore in un ufficio di una caserma della guardia di Finanza per raccontare ai pm della procura di Roma la sua verità sullo scandalo politico-giudiziario che ha messo in crisi la Regione Lazio. Lui, è Franco Fiorito, ex capogruppo Pdl in Regione Lazio, il Batman di Anagni, anzi si autodefinisce “il federale della Ciociaria” . Finora unico indagato per peculato, re in bilico della cittadina della ciociaria suo feudo. Ma inquirenti e investigatori si soffermano anche su altri, indagini a tutto campo sui destinatari di alcuni bonifici di Fiorito, tra cui consulenti della Regione Lazio. E su un nuovo immobile a lui riconducibile, uno strepitoso attico di 200 metri in via Margutta, avuto in affitto proprio dalla Regione Lazio. Si presenta in Procura con uno scatolone pieno di carte e così, nella sostanza, si è difeso: “Io distribuivo risorse, so di non aver commesso alcun illecito, ma se ho sbagliato pagherò. Però i veri dissipatori sono altri e fra i tanti, 7 o 8 consiglieri, fa anche il nome del presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese”. E a questo punto Fiorito consegna due scatoloni di documenti su otto consiglieri del suo stesso partito e un memoriale per rilanciare su di loro accuse sulla destinazione del denaro. Ma, come scrive Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera, punta anche ai vertici e quando parla del sistema che “aveva fissato le regole per la spartizione dei fondi” si concentra sul presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese, sul segretario Nazzareno Cecinelli e sulla stessa governatrice Renata Polverini. Nel dossier che rischia di provocare conseguenze devastanti sulla Regione, sulla giunta e sull’intero consiglio regionale, Fiorito ha inserito lettere e mail ricevute dai consiglieri, richieste di soldi e raccomandazioni. E poi decine e decine di fatture che ha saldato quando era tesoriere e, dice adesso, “erano per la maggior parte false”. Casse di documenti per giustificare le tante donazioni che secondo il suo legale Carlo Taormina “servivano a soddisfare gli appetiti di chi viveva in quel porcile”. Spese folli con cene da migliaia di euro, viaggi e vacanze, compensi altissimi per assistenti personali, consulenti, portaborse. La strategia della coppia Fiorito-Taormina è chiara: tutti dentro per spartirsi le responsabilità. Sui fondi comunque emerge una gestione molto allegra. Bastava una semplice telefonata per accedere ai fondi. Estrema facilità e gestione caotica dei soldi”. Il quadro che fanno i pm su quanto avveniva presso il consiglio regionale del Lazio è chiaro. I pm parlano esplicitamente di ”un sistema senza un serio controllo che spesso avveniva con violazione di legge”.Gli investigatori, che si sono recati nella sede della Regione Lazio, sono alla ricerca di riscontri alle parole e alle carte depositate da Franco Fiorito. I pm parlano esplicitamente di “un sistema senza un serio controllo che spesso avveniva con violazione di legge”. Dall’interrogatorio fiume dell’ex capogruppo Pdl Franco Fiorito, indagato per peculato, emerge una “gestione caotica dei fondi a cui si poteva accedere con estrema facilità e non secondo quanto stabilito dalle norme”.