Terra di lavoro e lockdown

Dal profilo Facebook di Pierluigi Gemma Il Comune di Arce, il 18 luglio 1837 emanò un regolamento sanitario per fronteggiare il colera che dilagò in tutto il Regno di Napoli. “Il lockdown” prevedeva che chi volesse entrare in Arce doveva essere munito di un certificato “..per lo quale si abbia che egli da quindici giorni almeno sia libero Cholera..”. I contagiati venivano trasportati nell’Ospedale di San Rocco (inizio via Corte Vecchia). Per la sepoltura, “i cadaveri senza suono di campane e pompa funebre […] saranno di notte trasportati a S. Eleuterio di questo Comune”. Si evitava quindi di seppellirli al di sotto della chiesa parrocchiale e li si trasportava fuori del centro abitato per motivi di carattere igienico. Fu posto a capo della “task force” Nicola Grossi (foto 1), Capo della Guardia Urbana. Arce pur con morti, seppe tenere botta. Due anni dopo, su dov’è ora il Comune fu edificata una chiesa dedicata a S. Rocco “che aveva preservati gli abitanti dal morbo cholerico”.
(in “..di Arce in Terra di Lavoro..”, di Ferdinando Corradini)

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