Dalla pagina Facebook “Amici della Gallura e di De André”
Fabrizio era una persona curiosa. Si informava, continuamente, sulle abitudini, le tradizioni. Trovava, dappertutto, gente disposta a parlare, a raccontare, ad accoglierlo. E capii subito che questo avveniva non perché si chiamasse Fabrizio De André, ma perché, in Gallura, ogni persona deve sentirsi a casa propria. E questa fu la cosa che apprezzò dai galluresi.
Aveva la purezza d’animo di un bambino adulto. Si sentiva uno di noi, tanto è vero che la sua casa restava sempre aperta: di giorno e di notte. Non faceva mai pesare niente e anche quando, qualche volta, la discussione si faceva accesa, trovava il modo per finire con un bicchiere di vino e tante risate.
Quando De André venne rilasciato, non pensò neppure per un istante di abbandonare la Gallura. Se Fabrizio se ne fosse andato, gli amici tutti ci saremmo portati questo peso. Ci saremmo sentiti corresponsabili di quanto avevano subito e patito.
Questa è la testimonianza della dimensione privata dell’artista impegnato che, in questi luoghi, libero dai vincoli della notorietà, riusciva ad essere uno del posto, una persona semplice, e con gli stessi problemi della gente del luogo e con tante amicizie fra le persone di Tempio, senza alcuna differenza per lo stato sociale di appartenenza.
Si evidenzia, così, il suo lato umano, il suo essere contadino dell’Agnata, lontano dal personaggio pubblico, dal cantautore di successo, dell’intellettuale a tutto campo. La sua dimensione gallurese è fatta di quotidianità, di semplicità, di autenticità, elementi che confermano il suo pensiero e spiegano la sua scelta di vivere in una parte della Sardegna, nonostante il crimine perpetrato a danno suo e della compagna Dori Ghezzi, quella Sardegna che, prima, ha saputo capire e, poi, amare.
Fabrizio e Dori intrattenevano rapporti con persone di varia estrazione sociale, trattando tutti allo stesso modo, con la massima disponibilità.
La loro ospitalità era proverbiale e non ricordo di aver sentito nessuno lamentarsi per uno sgarbo o per non essere stato accolto degnamente e con trasporto nella loro casa.
Anche in assenza di Dori, la casa era sempre aperta a tutti e Fabrizio sempre disponibile a intrattenersi con gli occasionali visitatori, parlando di letteratura, di cinema, di politica, del modo di coltivare le patate o di potare gli ulivi e, poco, delle sue canzoni.
Amava parlare di cucina e del modo di elaborare i piatti della tradizione genovese. Era un ottimo cuoco e preparava memorabili piatti a base di pesce e a base di funghi raccolti nella zona.
Si rimaneva affascinati dal suo modo di parlare, dalla preparazione che dimostrava di avere in altri campi, dalla sua profonda cultura e dal suo spiccato senso dell’umorismo.
Amava il cinema, ma preferiva di gran lunga la lettura. Leggeva, soprattutto, di notte.
Le letture, che hanno spaziato dai grandi anarchici ai classici francesi, dai classici russi a quelli americani e sudamericani, dagli scrittori sardi ai compendi di storia della Sardegna, dai trattati di agricoltura a tutto ciò che poteva avere attinenza con l’allevamento del bestiame, hanno avuto, per Fabrizio, un ruolo importantissimo.
Aveva una memoria fuori dal comune e la esercitava continuamente anche con gli amici, “obbligandoli” a ricordare fatti, riferimenti geografici, letture comuni o avvenimenti di diversi anni prima.
Fabrizio è stato per l’ultima volta all’Agnata nel settembre del 1998 e non ha avuto la possibilità di vedere completata la struttura ricettiva che Dori ha ultimato, successivamente, con grande dedizione e impegno, nel suo ricordo.
Per molti di quelli che l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene, è bello pensare che la sua anima riposa anche anche all’Agnata, in Gallura, dove egli ha vissuto per ventiquattro anni da “uomo libero”, professando, in concreto, i suoi ideali, che non sono certo rivoluzionari, ma, più semplicemente, ideali “cristiani”.
Non so quanto la Gallura abbia capito De André. Semplicemente, lo ha accolto, lo ha protetto, lo ha rispettato, riservandogli un posto d’onore che lui ha saputo meritarsi per la sua sensibilità, la sua intelligenza, il suo modo di vivere, la sua voglia di imparare.
Dal libro, “De André – Ventiquattro anni in Gallura”- Carlo Delfino Editore.