Vitti na crozza

Ignazio Corrao sulla sua pagina Facebook spiega la nota canzone popolare siciliana Vitti na crozza. 

Dove nasce la famosa canzone siciliana “vitti ‘na crozza”?
Quando, chi e perché la scrisse?

Vitti ‘na crozza significa “vidi un teschio”, ed è l’inizio di una ballata tanto tragica quanto popolare. Ma andiamo per ordine: nel 1950 arriva in Sicilia il regista Pietro Germi che deve girare nell’isola il suo film “La strada della speranza”. Ad Agrigento Germi incontra il maestro Franco Li Causi e gli chiede di comporre una colonna sonora per il suo film, ma nessuna delle proposte del compositore sembrano soddisfare il regista.
Li Causi un giorno resta in panne con la sua auto mentre da Agrigento si dirige verso Favara, così si reca in una vicina casa di campagna per chiedere aiuto. Lì incontra tal Giuseppe Cibardo Bisaccia, un ex minatore che mentre lavora la terra canticchia quelle strofe. Il compositore si incuriosisce e gli chiede di continuare a cantare, di dirgli dove l’aveva imparata, Bisaccia risponde che sono versi che si erano tramandati nel tempo di bocca in bocca, tra minatori. Il maestro Li Causi rimase così colpito da quei tragici versi di immaginario dialogo con un morto in miniera – vitti ‘na crozza supra nu cannuni/ fui curiusu e ci vosi spiari / idda m’arrispunniu cu gran duluri / muriri senza toccu di campani… (Vidi un teschio sulla bocca della miniera/ fui curioso e gli volli domandare/ lui mi rispose con gran dolore/ son morto senza il tocco delle campane… senza neanche un funerale, in quanto i cadaveri dei morti nelle strette gallerie delle miniere di zolfo siciliane spesso non si riuscivano neanche a recuperare) – che decise di proporli al regista, il quale apprezzò e chiese al maestro di trasformarla in una musica che fosse allo stesso tempo tragica e allegra.

Fu così che la canzone diventò colonna sonora del film e da qui venne conosciuta in tutta Italia e riconosciuta dai siciliani come canto popolare, mentre le miniere di Favara – che nell’ottocento erano una ventina – vennero progressivamente chiuse tutte, come nel resto della Sicilia.

p.s. Questo testo è estratto dalla tappa di Favara del libro sulla Sicilia che dopo anni ho ormai quasi finito di scrivere. Ho iniziato a scrivere dopo aver girato l’isola in lungo e largo per tutti i suoi 391 Comuni, nessuno escluso. Ho poco tempo per scrivere, ma tutto ben impresso in testa. Il libro è pieno di esperienze personali, nozioni storiche e di curiosità che provengono sia dai testi che ho letto negli anni, che dalle tante storie che ho avuto l’onore di ascoltare di presenza nei miei giri.

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