Da Unoetre.it, Articolo a cura di Romeo Fraioli
Nei primi anni del ‘900, ai primi tentativi di organizzazione sindacale della classe operaia di Terra di Lavoro, si contrappose una dura repressione da parte dei poteri dello Stato e una feroce reazione della borghesia locale. Gli operai del Polverificio di Fontana Liri vennero direttamente interrogati dai carabinieri perché rivelassero i nomi di chi leggeva la stampa socialista e le corrispondenze dalla provincia di Caserta dell’«Avanti!», della «Luce», della «Propaganda».
Nell’aprile del 1906 proprio in seguito ad una agitazione operaia promossa da Bernardo Nardone nel Polverificio, venne fondato «Il Liri», giornale settimanale stampato proprio presso la tipografia del Regio Polverificio, di proprietà di Pasquale Palleschi che era anche proprietario del giornale. Direttore fu nominato il chimico farmacista Federico Venditti, mentre quale gerente responsabile fu nominato l’operaio Francesco Zuffranieri. Il giornale fu catalogato dagli organi preposti al controllo come politico-amministrativo-sindacale.
Il 16 maggio 1906 il Prefetto di Caserta informava il Ministero dell’Interno che:
«Il noto socialista Bernardo Nardone mantiene desta un’agitazione fra gli operai del Regio Polverificio di Fontana Liri, insinuando la persuasione che possano così conseguire i miglioramenti desiderati. A tale scopo il Nardone ha tenuto conferenze, ha esteso la sua azione nei comuni vicini e il 29 aprile promosse un comizio ad Arce, ch’ebbe luogo nella sede della Federazione degli operai medesimi e che si chiuse con l’approvazione di un ordine del giorno con cui si stabiliva di persistere nell’agitazione fino al conseguimento di tutti i desiderati della classe. Per quanto l’agitazione si svolga nei limiti della legalità si sono rinnovate le raccomandazioni al Sottoprefetto di Sora perché segua attentamente il movimento di quegli operai per ovviare in tempo a possibili inconvenienti tanto più che l’agitazione è ora dominata da pubblicazioni periodiche a mezzo del nuovo giornale «Il Liri», che ha amministrazione, redazione e tipografia presso il Polverificio».
I rapporti di P.S. gli attribuivano una tiratura media di circa 600 copie ed una «scarsa influenza in relazione al luogo e alla diffusione». Esso, oltre alla difesa degli operai dello stabilimento, mirava specialmente a sindacare il funzionamento delle pubbliche amministrazioni in generale e dell’azienda comunale di Fontana Liri in particolare, manifestandosi come organo del partito di opposizione alla cessata maggioranza consiliare. Nel n° 3 infatti attaccava sia la Prefettura, colpevole, a seguito di un’inchiesta svolta dalla Sottoprefettura di Sora, di omissione di provvedimento contro la vecchia amministrazione comunale Parravano, sperperatrice del pubblico denaro, sia il Ministero della Guerra, colpevole del conferimento, con la scusa della minore instabilità del prodotto, della maggior parte delle polveri allo stabilimento privato di Avigliana, fra cui azionisti erano deputati e senatori. E’ da notare che contro il Sindaco Parravano fu avanzato nel 1908 ricorso per decadenza da consigliere, per essere lo stesso organista della chiesa comunale (e quindi stipendiato), firmato, fra gli altri, anche dallo stesso Venditti, direttore del Liri.
In un articolo dal titolo «Gli Operai dello Stato», apparso sul n°2 del 20 aprile 1906, si rivendicava il diritto per gli operai del Polverificio e per gli altri in genere, ad usufruire di un’annua licenza:
«Non vi è impiegato che presti l’opera sua a vantaggio dello Stato, che non abbia concesso per legge o regolarmente che sia, un’annua licenza. Queste disposizioni rispondono ad un concetto universalmente accettato: l’uomo ha bisogno di riposo per riparare all’esaurimento che è la più ordinaria conseguenza che produce sul suo organismo, il lavoro. E’ certo non con l’intendimento di favorire infeconde abitudini all’ozio, o per creare pericolose avversioni al lavoro, lo Stato concede ai suoi funzionari una annua licenza, la quale rappresenta per l’opinione dei più, un bisogno bene inteso, per ridare forza e vigoria alla mente ed al braccio del lavoratore. E solo così si spiega perché siano concessi riposi annuali più o meno lunghi per tutti i funzionari dello Stato, dalle Eccellenze della Cassazione ai finora dimenticati e perciò più benemeriti maestri elementari; da coloro che lavorano a mettere in alto il nome della Scienza, a coloro che lavorano, sottomettendosi alla Sacra Congregazione dell’Indice, a salvare il pregiudizio. E lo Stato paga anche per i giorni nei quali non si lavora. E plaudiamo alle disposizioni vigenti. Ma esse hanno bisogno di essere più comprensive, giacché siamo costretti a rilevare che lo Stato nega l’annua licenza con paga ai suoi operai. Invano abbiamo cercato una giustifica a questa disparità di trattamento. Abbiamo anzi dovuto convincerci, che siamo di fronte ad una ingiustizia, tra le tante di cui è vittima il povero operaio, il quale dinanzi a coloro che ci governano pare sia destinato a rappresentare ancora l’antico ilota. Gli operai escono dalle officine ogni giorno di più affranti, hanno per lo meno bisogno, pari, agli altri funzionari dello Stato, di rifarsi, durante un’annua licenza di almeno dieci giorni, dal lento esaurimento al quale pare condannato il loro organismo. Tutto, tutto giustifica questo desiderato, dei nostri operai, ed è un torto che non sia stata ancora scritta la disposizione che li accontenti. E tanto più questa aspirazione degli operai dello Stato parrà giustificata, quando si consideri, che ai Capi operai, quelli che in fondo sono i loro compagni di lavoro, ebbero riconosciuto questo diritto che nel suo contenuto mira al miglioramento morale e fisico del lavoratore».
L’articolo non firmato, facilmente attribuibile al Nardone per le rivendicazioni sindacali avanzate e per le palesi allusioni alle autorità gerarchiche della Giurisprudenza, da sempre aspramente criticate dall’avvocato sindacalista di Arce, provocò la reazione dell’ufficio Provinciale di P.S. di Caserta che il 1° Maggio 1906 chiese al Sottoprefetto di Sora esaurienti informazioni sull’articolo stesso. Le indagini che seguirono portarono poi alla chiusura del periodico stesso.
Nei tre numeri da noi posseduti in copia, dei quattro effettivamente pubblicati, alle varie corrispondenze dai paesi limitrofi si affiancano in maggioranza gli articoli riguardanti Fontana Liri, il suo Polverificio e l’Amministrazione comunale di allora. Nel n° 4 del 3 Giugno 1906 appare in ultima pagina un appello ai sigg. abbonati e lettori:
«Dietro premure e sollecitazioni, mettemmo la nostra tipografia a disposizione di amici di vari comuni per la pubblicazione del giornale «IL LIRI» di cui esponemmo nel 1° numero il programma. Parve che l’idea del giornaletto democratico, che libero da preconcetto politico, potesse insinuarsi nelle cose delle amministrazioni comunali e della Provincia, additare al rispetto del paese i concittadini benemeriti, ma tagliare il marcio ove questo apparisse, trovasse largo consenso di simpatia, onde noi potessimo trarne conforto all’opera iniziata. Ma ci duole dover constatare che fin dalle prime mosse ci trovammo intricati in una cerchia di interessi offesi, che ci procurarono numerosi rimproveri e consigli di moderazione (!) D’altra parte non tutti gli interessati mostrarono fino ad oggi di sostenerci nel difficile compito, onde il giornale rimarrebbe solo l’espressione di qualche volenteroso, che invano si attende dall’indolenza degli amici il contributo settimanale della collaborazione e delle corrispondenze. «IL LIRI» fa poi unico assegnamento, per i suoi fondi, sul numero degli abbonati; ed anche a questo riguardo dobbiamo constatare che solo «pochissime» delle schede di abbonamento inviate furono ritornate e con limitato numero di adesioni. In tale stato di cose, è impossibile la vita di un giornale, e noi ne rendiamo consapevoli pubblicamente quanti ancora potrebbero conservarne le sorti. «IL LIRI» intanto sospenderà le pubblicazioni sino ai primi di Luglio per il trasferimento della tipografia in Isola del Liri. Speriamo che dal nuovo ambiente il giornale tragga nuova forza e possa garantire per lungo tempo le sue pubblicazioni».
In realtà, dopo l’ultimo numero pubblicato in Fontana Liri il 15 Giugno 1906, il periodico non andò più alle stampe.