Settanta anni fa la strage dei fratelli Cervi

Il ricordo dei fratelli Cervi.  Settanta anni fa, nella notte di Natale (tra il 24 e il 25 dicembre 1943) i fascisti catturarono i sette fratelli Cervi e tre giorni dopo, il 28, li portarono al poligono di tiro di Reggio Emilia mettendoli al muro. Sono trascorsi settant’anni da quell’eccidio, uno degli episodi che più è rimasto scolpito nella storia dell’antifascismo emiliano. Si chiamavano Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore ed avevano tra i 42 e i 22 anni. La loro famiglia era di estrazione contadina e a iniziare dagli insegnamenti di Alcide e Genoeffa Cocconi, genitori dei fratelli trucidati, in casa si erano sempre respirate aria antifascista e simpatie democratiche. Così, quando sopraggiunge la seconda guerra mondiale, casa Cervi non è più solo un luogo di lavoro disperato e incessante contro la povertà, ma diventa un centro nevralgico nel quale cominciare a organizzare un dissenso concreto contro il regime mussoliniano. E Alcide, insieme a due dei suoi figli, va oltre creando anche la banda partigiana che prenderà parte attiva alla Resistenza. Vogliamo ricordarli riportando il testo della canzone di Marco Paolini (disco Mercanti di Liquore) tratta dal poema di Gianni Rodari.

LA STORIA DEI FRATELLI CERVI
C’erano sette fratelli
che andavano per il mondo:
sei erano sempre allegri,
il settimo sempre giocondo.

Sei andavano a piedi
perché non avevano fretta,
il settimo invece perché
non aveva la bicicletta.

La leggenda dirà
dell’ultima battaglia:
dove cantò la cicala
abbaia la mitraglia.

Una muta di cani
la notte ha circondata,
il fumo lecca i muri
della casa incendiata.
Ma quando li portarono
alla crudele morte,
non eri tu, fucile,
il più fermo, il più forte.

C’erano sette fratelli
che andavano per il mondo:
sei erano sempre allegri,
il settimo sempre giocondo.

Sei andavano a piedi
perché non avevano fretta,
il settimo invece perché
non aveva la bicicletta .

Nella nebbia dell’alba
si nascosero i cani,
e chiusero gli occhi
per non vedersi le mani.
Negli occhi dei sette Cervi
l’aurora si specchiò,
dagli occhi fucilati
il sole si levò.

Vecchio, tenero padre,
olmo dai sette rami,
nella vuota prigione
per nome ancora li chiami,

C’erano sette fratelli
che andavano per il mondo:
sei erano sempre allegri,
il settimo sempre giocondo.

Sei andavano a piedi
perché non avevano fretta,
il settimo invece perché
non aveva la bicicletta .

E a notte fra le sbarre
fin dove soffia il vento
intatte vedi splendere
sette stelle d’argento.

Sette stelle dell’Orsa
come sette sorelle.
I cani non potranno
fucilare le stelle.

Sette stelle dell’Orsa
come sette sorelle.
I cani non potranno
fucilare le stelle.

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