Detrazioni per gli inquilini sociali

aterL’art. 7 del D.L. 47/2014, dal 2015, ha introdotto nuove detrazioni per gli inquilini degli alloggi sociali (900,00 euro per chi non supera il reddito complessivo di 15.493,71 € e 400,00 € per chi sta tra tale limite e 30.987,41 €).

EDILIZIA POPOLARE: E’ controversa la questione relativa agli inquilini ex Iacp. I sindacati propendono per questa dicitura: “Per consentire ai CAAF di procedere occorre una dichiarazione rilasciata dall’ATER con la quale si attesta che l’alloggio popolare condotto dal contribuente rientra nella definizione di alloggio sociale. Il modello per inoltrare la richiesta all’ATER si può trovare presso il sindacato degli inquilini della CGIL, CISL e UIL”.

Tale dicitura potrebbe NON essere corretta e pertanto, in data 5 Maggio, inseriamo le seguenti PRECISAZIONI:

Dal Patronato Caf Acli riportiamo le delucidazioni estremamente esaustive in merito:

L’articolo 7 del DL 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla L. 23 maggio 2014, n. 80 ha introdotto una nuova detrazione, per il triennio 2014 – 2016, per i soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale. La detrazione complessivamente spettante è pari a:
– 900 euro, se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71;
– 450 euro, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71 ma non euro 30.987,41.

L’eventuale eccedenza, una volta sottratte dall’imposta lorda le detrazioni per attività di lavoro e quelle per familiari a carico (articoli 12 e 13 del TUIR), può essere riportata nel periodo di imposta successivo, come previsto per le altre detrazioni riconosciute per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale di cui all’art. 16, comma 1-sexies, del TUIR.

L’alloggio sociale è definito dal DM 22 aprile 2008, in attuazione dell’articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, come “l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato” (art. 1 comma 2).

L’alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie. Nella definizione rientrano anche gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici o privati con il ricorso a contributi e agevolazioni pubbliche destinate alla locazione temporanea (almeno otto anni) ed alla proprietà (art. 1 comma 3).

A causa dei termini “generici” utilizzati nella predisposizione della norma, l’applicazione del beneficio fiscale non è ben definito, lasciando larghi margini di interpretazione. Infatti, circola una interpretazione espressa dal sindacato inquilini della CGIL (Sunia) che comprende negli alloggi sociali anche gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e pertanto invita tutti i centri servizi di quella organizzazione ad attivarsi per ottenere dell’Ente gestore sia il contratto d’affitto che la certificazione che l’alloggio rientra nella definizione di alloggio sociale.

Premettiamo che sull’argomento è stato posto un quesito all’Agenzia delle Entrate ma, considerato che non possiamo sperare di avere risposte in tempi rapidissimi, abbiamo ritenuto utile fornirvi, attraverso questa comunicazione, gli strumenti necessari per poter svolgere il compito a voi assegnato con maggiore coscienza e tranquillità.

Effettivamente nella definizione di alloggio sociale fornito dal DM 22 aprile 2008, pur tenendo conto delle caratterizzazioni regionali, in linea di massima si possono individuare tre distinte tipologie: – l’edilizia sovvenzionata (anche Edilizia Residenziale Pubblica – ERP) ovvero realizzata in via diretta dallo Stato e dalle Regioni attraverso i comuni o le aziende pubbliche per la casa (ex IACP) con mezzi finanziari esclusivamente o prevalentemente pubblici e che è finalizzata essenzialmente alla locazione a canone contenuto (canone sociale) per i ceti più poveri; – l’edilizia agevolata ovvero realizzata da privati (promotori immobiliari o cooperative edilizie, ma anche gli operatori pubblici – ex IACP – possono concorrere con i privati per ottenere i finanziamenti regionali) con il concorso di finanziamenti pubblici; destinata a fornire alloggi in locazione o in proprietà a categorie sociali a reddito medio/basso (cosiddetta fascia grigia); – l’edilizia convenzionata che nasce da un complesso di norme e si basa essenzialmente sul diritto di superficie, ed è realizzata direttamente dai privati con copertura dei costi a carico degli stessi.

Essa è sorretta da apposita convenzione tra soggetto beneficiario dell’area ed il Comune relativamente alle modalità di utilizzazione della medesima e prevede la concessione ai privati delle aree a costo contenuto e agevolazioni sugli oneri di concessione. Se vogliamo perciò comprendere le reali intenzioni del legislatore e individuare, quindi, i soggetti ai quali applicare l’agevolazione fiscale prevista, è necessario far riferimento alla relazione tecnica al decreto legge n. 47/2014, che restringe il campo agli alloggi di housing sociale, con una stima di immobili ad uso abitativo destinati ad alloggi sociali di circa 40.000 unità.

L’housing sociale, o social housing, o edilizia sociale è una forma di edilizia pensata per chi non può acquistare la prima casa o non riesce a sostenere il costo di un affitto a libero mercato ma, nello stesso tempo, non possiede tutti i requisiti necessari per accedere alle graduatorie per l’assegnazione dell’edilizia residenziale pubblica (E.R.P.).

E’ a metà tra l’edilizia popolare e le proprietà private vendute o affittate a prezzo di mercato, è realizzata con il concorso di promotori privati, con contributi pubblici parziali e/o in natura (premialità urbanistiche e/o aree gratuite), ed è sviluppata attraverso interventi integrati sia sul piano dell’utenza (mix sociale) che sul piano delle destinazioni.

Secondo il documento stilato il 12 aprile 2008 dal gruppo di lavoro dell’Istituto Nazionale di Urbanistica su “Politiche e strumenti per la residenza sociale”, di edilizia residenziale sociale 3 (ERS), come campo di intervento distinto dall’edilizia residenziale pubblica (ERP), si parla dal 2006, accomunando in questa dizione le diverse esperienze promosse dai comuni delle principali città italiane che, pressati dalla domanda sociale ed in assenza di risorse nazionali, hanno sperimentato nuove procedure per sostenere l’offerta di alloggi in affitto, al di fuori del solco tracciato dalla legge 167/622.

L’edilizia residenziale sociale si distingue dall’edilizia residenziale pubblica perché:

1. non si basa necessariamente sull’esproprio delle aree, ma usa invece principalmente le aree acquisite consensualmente attraverso la perequazione, ovvero aree già pubbliche disponibili per la trasformazione urbanistica;

2. corollario contenutistico di questa differenza procedurale è anche la tendenza dell’ERS ad inserirsi come una componente all’interno di trasformazioni urbanistiche non specializzate; a sostituire perciò il modello dei quartieri interamente costituiti da ERP con residenze sociali integrate all’interno di tessuti socialmente misti;

3. è finalizzata a produrre alloggi in affitto, non solo a canone sociale, ma su una vasta gamma di articolazioni del canone, proprio perché il problema dell’affitto ormai non tocca più solo le fasce sociali più deboli;

4. cerca di coinvolgere risorse private nell’investimento immobiliare remunerato con i rendimenti da affitto, sostenendo la nascita di nuovi soggetti economici ed etici attraverso nuove opportunità di rapporto pubblico/privato: l’offerta di suoli o di diritti urbanistici pubblici; l’impegno del comune come garante del pagamento dei canoni; la possibilità di realizzare una quota di alloggi per la vendita ad integrazione dell’intervento di realizzazione degli alloggi in locazione.

La competenza sull’edilizia residenziale è distribuita fra Regione e Comune.

L’edilizia sociale a canone moderato si basa su una legge regionale, che a sua volta parte dalle definizione di “alloggio sociale” del DM 22 aprile 2008, alla quale si devono ispirare i Comuni per definire gli interventi del Piano Casa locale e alla fine definire le graduatorie di assegnazione di tali immobili da concedere in locazione.

Per verificare se una regione o un comune ha previsto, nel suo territorio, questa diversa modalità di offerta abitativa, è possibile effettuare una ricerca digitando, sul motore di ricerca, il nome della regione e del comune associato a “edilizia residenziale sociale” o “social housing”. I documenti necessari, ai fini del riconoscimento della detrazione, come capita per le detrazioni analoghe, sono: – contratto di locazione, registrato, dal quale si evinca che trattasi di alloggio sociale di cui all’art. 1, comma 2, del DM 22 aprile 2008 o, se ciò non è indicato, attestazione rilasciata dal soggetto locatore; – autocertificazione nella quale si attesti che l’immobile è utilizzato come abitazione principale.

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