L’onore del Sindaco

A cura del Sindaco di Ceprano Marco Galli. 

No, non rifarei ciò che ho fatto nel 2014, non mi candiderei a Sindaco e non consiglierei a nessuno di fare questa scelta.
Rispondo così a tante persone che me lo hanno chiesto.
È vero che essere eletto Primo Cittadino di una comunità è una soddisfazione enorme, – sono orgoglioso di aver ottenuto per due volte questo risultato per la mia città storico -, ma è tutto il resto che non funziona e non funzionerà per chi dovesse fare questa scelta di vita.
Ritengo che il Sindaco, la figura istituzionale più legata alla gente, quella che ha il polso della situazione, sia poco considerato dal nostro sistema politico e, se sei onesto, questa condizione diventa un disagio insopportabile.
Indennità miserevoli a fronte di responsabilità enormi; scarsi margini di manovra; una burocrazia soffocante, tagli di ogni genere e norme fuori tempo trasformano il ruolo di Sindaco in una permanente via crucis, con ripercussioni pesanti sulle relazioni sociali.
Anche le modifiche approvate recentemente non aggiungono nulla di ciò che servirebbe veramente.
Il Tuel (Testo Unico Enti Locali) andrebbe profondamente rivisto e adeguato ai tempi, rendendolo uno strumento adatto a un Paese moderno che vuole competere in Europa e nel mondo.
Così non è e, a un testo unico datato, si sommano normative spesso contorte che complicano maledettamente l’attività amministrativa.
Senza contare poi i ripetuti interventi della Corte Costituzionale e della Magistratura Contabile che stravolgono ciclicamente il sistema normativo creando il caos nel Paese e panico negli enti pubblici.
La responsabilità è l’unica cosa che porta un Sindaco a fare il suo dovere, che diviene improbo se sei un dipendente pubblico in divisa, costretto a trasferimenti e disagi costanti, in quest’ultimo caso, laddove non ci sia lungimiranza ai vertici locali.
No, tornassi indietro nel tempo non farei più la scelta di candidarmi alle elezioni comunali e non consiglierei a nessun cittadino onesto di candidarsi alla carica di Sindaco.
Forse scriverò un libro su questa esperienza di vita, bella per quanto riguarda la fiducia accordatami dai miei concittadini per ben due volte e per alcuni traguardi raggiunti con grande sacrificio, ma negativa per tutto il resto che afferisce all’impegno totalizzante richiesto per svolgere al meglio la funzione di Sindaco, senza distinzione tra grande o piccolo comune, anzi, svolgere questa funzione nelle realtà più piccole rappresenta davvero un impegno enorme, che, rispetto alle responsabilità penali e civili, non vale assolutamente la pena affrontare.
È triste dirlo ma amministrando da tempo ti rendi conto del disastro che affligge l’Italia.
Se non si metterà mano all’impianto normativo di questo Paese, evitando sgangherati compromessi politici, puntando tutto su semplificazione e controlli sarà complicato immaginare un futuro di crescita e sviluppo.
Se non si smantelleranno i troppo numerosi centri di potere che opprimono le attività pubbliche e private, difficilmente l’Italia potrà competere con i più avanzati paesi al mondo. Se non si costruirà un sistema normativo incardinato sulle certezze, rispetto a quello precario e incerto esistente, ogni tentativo di migliorare il presente naufragherà miseramente in un mare di inprobabili interpretazioni e cervellotiche sentenze.
Se l’onestà non diventerà un titolo di merito, l’Italia resterà tristemente impantanata tra corruzione e condoni.
No, non rifarei la scelta sofferta che feci nel 2014; mi piacerebbe poter dire ad altri candidatevi perché i sindaci sono i pilastri su cui si fonda il rapporto Stato e cittadini.
Adesso non ne avrei il coraggio.

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