Vent’anni senza…Massimo Troisi!

Massimo Troisi si spense a Ostia, vicino Roma, il 4 giugno 1994. Aveva 41 anni. Da allora, il cinema italiano non ha mai smesso di rimpiangere quest’attore timido ma capace di trasformarsi, in scena, in un istrione geniale. Dai tempi della Smorfia con Lello Arena, il cabaret nato in un garage, ai successi cinematografici (tra gli altri No grazie, il caffè mi rende nervoso, Scusate il ritardo e Non ci resta che piangere con Roberto Benigni) e fino all’ultimo film, il fortunato Il postino tratto dal romanzo di Antonio Skarmeta, Troisi non perse mai la cifra del suo talento. La capacità di far ridere sfruttando e innovando il meglio della tradizione comica napoletana. Ha recitato anche il grande attore fontanese Marcello Mastroianni, nel film “Splendor”, girato ad Arpino e diretto da Ettore Scola. Troisi, simpatico, timido, garbato, con quel fondo di malinconia che ancora oggi, a un ventennio dalla sua scomparsa, ce lo fa sentire vicino come un amico. “Io devo tutto a quel mondo, al mio paese, San Giorgio a Cremano, 5 chilometri da Napoli. Laggiù ho imparato cos’era la disoccupazione, ma anche a non rassegnarmi. Massimo Troisi se n’è andato un sabato afoso di vent’anni fa, il 4 giugno del 1994. Era a casa di una delle sorelle, Annamaria, e dopo pranzo si andò a stendere sul letto, si sentiva affaticato. Aveva solo 41 anni appena finito di girare Il postino, per il quale sarebbe poi stato candidato all’Oscar. “A casa è umile ma onesta”.Racconta la sorella Rosaria, custode della memoria (in tutto i fratelli erano sei) nel bel libro Oltre il respiro, Massimo Troisi, mio fratello che alla nascita Massimo pesava cinque chili e aveva una fame insaziabile, tanto che la sua prima interpretazione fu una foto pubblicitaria di un marchio del latte in polvere. Di pubblicità non ne avrebbe fatto più, rifiutando una lucrosissima offerta, negli anni Ottanta, per uno spot sul caffè. La famiglia Troisi, padre macchinista ferroviere, madre casalinga, abitava in piazza Garibaldi (all’epoca ancora Piazza Tarallo), in un palazzone ribattezzato “o palazz’e Bruno miezz’e Tarall”. Il padre Alfredo, originario di Salerno, si era trasferito nella zona negli anni Trenta. Quella piazza avrebbe poi portato il suo nome, piazza Massimo Troisi.

Concludiamo con la poesia che Roberto Benigni ha dedicato all’amico Massimo Troisi.
Non so cosa teneva “dint’a capa”,
intelligente, generoso, scaltro,
per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.
Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.
La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di “jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!”
era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.
“Non si capisce”, urlavano sicuri,
“questo Troisi se ne resti al Sud!”
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!
Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino,
e non m’ha mai parlato della pizza,
e non m’ha mai suonato il mandolino.
O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell’amato San Gennaro

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