La vita non vissuta

Da facebook di Flavio Venditti. Se passate una mattina in una piazza, o davanti a un bar , a un qualsiasi bar di un qualsiasi paese, e vi fermate una mezz’ora ad ascoltare i discorsi dei presenti vi garantisco che quello che ascolterete non sarà che un continuo, ininterrotto lamentarsi, recriminare, maledire. Un giorno il governo, un giorno l’amministrazione, un altro i giovani, o Franco che sta passando, o Michele che è un suo amico. Pare, quella, l’unica occupazione di pensionati, convalescenti, disoccupati e fannulloni vari. Assenti giustificati giovani e studenti. Ho cercato di capire cosa ci fosse sotto questo squallido “passatempo”. E una risposta me la sono data. Ve la risparmio perché, non avendo l’autorevolezza necessaria, sono certo che la bollereste come una stravaganza, un’idiozia o un ‘ossessione (la mia). Poi mi sono imbattuto in questo post di una mia amica. “La vita non vissuta accumula rancore verso di noi”
(Jung)
“Ogni vita non vissuta rappresenta un potere distruttore e irresistibile che opera in modo silenzioso ma spietato. Ogni vita non vissuta accumula rancore verso di noi, dentro di noi: moltiplica le presenze ostili. Così diventiamo spietati con noi stessi e con gli altri. Intorno a noi non vediamo che lotta, cediamo e soccombiamo alle perfide lusinghe dell’invidia. Si dice bene che l’invidia accechi, il nostro sguardo è saturo delle vite degli altri, noi scompariamo dal nostro orizzonte. La vita che è stata perduta, all’ultimo, mi si rivolterà contro.”(Jung)
Pensate ciò che volete, vivete come volete, ma attenzione, come niente potreste ritrovarvi tra gli assidui, inviperiti frequentatori di un bar paesano

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