Post su Facebook di Alberto Proia.
Qui dal mio uliveto, non vedo più i Mangialini, una casa in una località storica che per noi che pratichiamo Fontana Liri, si trova sulla collina, tra la contrada Pozzo e i Camilli. Quella casa alta, tanto alta che allora mi sembrava che toccasse le nuvole, ora abbandonata non è più raggiungibile.
Nascosta da lecci, querce e piante invadenti, mi riporta indietro e mi fa fare un tuffo tra i ricordi, a quando sovrastava la valle come se fosse di guardia a tutti i casati e contrade circostanti.
Ripenso alla stradina mulattiera libera da tralci ed erbacce , a quando era percorribile a piedi, piena di sogni da condividere con Girolando, Mirella e Severino;
a quando le voci rimbalzavano da quel punto di osservazione e rimbombavano nella valle;
a quando i nostri nomi venivano chiamati dai genitori e ascoltati dai contadini sparsi nei campi sottostanti mentre aravano la terra, e giù le voci fino ad arrivare alla starnella.
Era ciò che accadeva allora, nessuno si meravigliava se da una collina all’altra si chiamava Baccolino alla Liscia o Antonio a Colle Scarparo, era normale, passare la notizia da Bancaccio al Casalone fino ad arrivare a Pasticci. Voci alte nella giornata che si rincorrevano: Albertooooo, Albertoooo vai a prendere l’acqua fresca alla fonte del cicavicchio; Pasqualeee domani riportami l’aratro.
Era normale e unica soluzione comunicare a voce alta, a volte la notizia passava da una persona all’altra per fare giungere l’urgenza al medico o al veterinario.
Messaggi e saluti confidenziali,
Messaggi a voce alta trasportati dal vento.
Era straordinario.
Ora, però, che guardo da quella parte, dove è tutto incolto e il verde ha spianato ogni ombra, mi accorgo che quei tempi non torneranno più: non ci sarà nessuno che riporterà da noi L’uso della voce per comunicare a distanza, ma ci saranno invece altri mezzi che non soddisferanno i nostri sogni.